Volontà e disciplina sono le doti indispensabili per diventare chef di sushi, completate da autocontrollo e forte personalità: i tratti caratteristici di questa "molto onorevole" professione sollecitano facilmente il paragone con i nobili samurai.
Chiunque voglia abbracciarla, deve prevedere di affrontare un lungo apprendistato: aspettare almeno quattro anni prima di poter toccare un coltello, e dieci anni prima di essere chiamato chef.
Chiunque voglia abbracciarla, deve prevedere di affrontare un lungo apprendistato: aspettare almeno quattro anni prima di poter toccare un coltello, e dieci anni prima di essere chiamato chef.
Durante i primi due anni, un apprendista può soltanto osservare il proprio shokunin (maestro) e intanto svolgere mansioni di lavapiatti o pulire i pavimenti. In seguito imparerà la tecnica di cottura del riso, dosando alla perfezione l'aceto e lo zucchero per condirlo; sarà quindi ammesso a fare i maki, e soltanto dopo quattro anni sarà iniziato all'arte del taglio del pesce e della composizione dei sushi.
In questo stesso periodo imparerà anche ad acquistare il pesce al mercato, cosa che richiede molta esperienza, prontezza e attitudine agli acquisti, considerata l'estensione dei mercati in Giappone e la varietà dell'offerta. Oltre a tutto questo e a una certa abilità manuale, è necessario avere senso artistico e una spiccata sensibilità per la decorazione.
Chi arriva in fondo e completa questo duro percorso di formazione è degno di molta considerazione e rispetto.
Quella dello chef di sushi è da sempre una professione maschile: tradizionalmente si riteneva che le mani femminili, avendo mediamente una temperatura più alta, rovinassero il pesce durante la manipolazione. Oggi si tende a considerare un pregiudizio questo modo di vedere le cose, soprattutto fuori dal Giappone.