L'etichetta giapponese vuole che il cibo non si tocchi con le mani, ma che si usino i bastoncini. Una sola eccezione: i bocconi di sushi che possono essere presi delicatamente tra due dita e consumati in un colpo solo. All'appassionato questo è permesso.
Prima di mangiare si usa dire Itadakimasu, "ricevo" (questo cibo), frase che quindi non corrisponde al nostro buon appetito. Quando il pasto è a termine, si ringrazia chi ha invitato, o cucinato, con l'espressione Gochiso sama deshita (grazie per l'ottimo pranzo). Questa forma di gentilezza vale in casa propria così come al ristorante, al cuoco e a chi ci ha invitato.
Di solito gli alimenti si presentano in pezzi già pronti, ma in qualche caso questi possono essere un pò grandi. La regola prevede che si tenti di spezzare il boccone con i bastoncini; se ciò risultasse difficile è ammesso prenderlo con gli stessi, portarlo alla bocca e staccarne un pezzo tenendo intanto ciò che rimane a mezzaria. Finito il primo boccone si porta il pezzo restante alla bocca e si dà un altro morso o lo si finisce (a seconda della grandezza).
Le zuppe si sorbiscono dalla ciotola di legno in cui vengono di solito servite e il cucchiaino appare in tavola solo per la crema di uova al vapore. Non si sta con la testa bassa, vicino ai piatti (questo atteggiamento è definito inugui, "mangiare come un cane").
A tavola si dovrebbe evitare di soffiarsi il naso, soprattutto rumorosamente, e invece è ammesso usare gli stuzzicadenti (che nei locali di buon livello sono posti sulla tavola in scatolette laccate, avvolti uno per uno in un involucro di carta).
Un'altra differenza, notevole, con l'etichetta italiana consiste nel fatto che i rumori fatti con la bocca non siano considerati disdicevoli: la gente comune risucchia con voluttà il tè caldo, le minestre e soprattutto le paste in brodo. Forse solo nelle classi sociali più elevate questa usanza è evitata. Il popolo del Sol Levante ama godere un pasto in ogni modo e con tutti i sensi, con gli occhi, con il naso, con la bocca, ma anche con le orecchie. Gradisce infatti molti alimenti croccanti, che producono una masticazione rumorosa. Ma nello stesso tempo un ristorante giapponese colmo di clienti non sarà mai pieno di rumore, perchè essi non parlano a voce alta.
Nei banchetti si offre spesso una porzione extra a ogni commensale, perchè venga portata a casa e così anche la famiglia possa godere del cibo offerto al pranzo.
A qualsiasi ora del giorno si riceva una persona, le si offre frutta o gelato, o del tè con un dolce oppure osenbei (sorta di biscotti salati); non si chiede all'ospite se desideri qualcosa, sarebbe cosa poco gentile e inoltre lo si metterebbe in imbarazzo, costringendolo a rifiutare, per non dare disturbo, anche se muore di sete.
Ultimissima, ma importante, abitudine giapponese, che sarebbe molto piacevole se venisse adottata (non è neppure troppo costosa), l'oshibori: un piccolo asciugamano arrotolato, inumidito e caldo, da offrire all'ospite per pulirsi le manii prima di cominciare il pasto e, spesso, anche alla fine. Sono sufficienti delel salviettine di spugna bagnate con acqua bollente, ben strizzate, arrotolate strette e poste in piccoli cestelli di legno o di bambù. L'ospite ne sarà entusiasta. D'estate l'oshibori può essere preparato con acqua fredda e lasciato in frigorifero prima dell'uso; passato sulla pelle darà un grande sollievo e chi non l'ha mai provato lo troverà delizioso.